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Il primo lavoro del counselor è quindi riaprire le prospettive del cliente, consentirgli di prendere coscienza delle sue potenzialità e favorire una più costruttiva gestione delle emozioni.

Perché la parola ‘cliente’?

Questa parola introdotta da C. Rogers ci invita a comprendere che il counselor lavora nella considerazione che abbia di fronte una persona attiva e libera, sempre in grado, nonostante il disagio temporaneo, di scegliere e di ricontrattare i termini della relazione di aiuto che ha richiesto, oltre che della propria condizione esistenziale o di vita pratica. Scopo ultimo del counseling è difatti l’autonomia, risultato di un processo di responsabilizzazione in cui la persona riprende in mano le redini della propria esistenza, finalmente sentendosene protagonista. Strategie e soluzioni saranno quindi il frutto di un lavoro congiunto, in cui il counselor aiuterà il cliente a far emergere le proprie risorse e i propri contenuti.

Presso Avalon possono essere richiesti colloqui individuali, di coppia, ma anche riservati a piccoli gruppi che condividano una necessità di percorso comune (familiari, equipes di lavoro…) o tematici (autostima, relazione col cibo, gestione dell’ intimità…).

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