Dipendenza o Autonomia? Il tango come metafora della propria condizione

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Il tango…. La ricerca spasmodica di armonia, un incrocio di anime che si esprimono attraverso due corpi nel tentativo di essere uno. Ma armonia significa prima di tutto fiducia. Di chi? Dell’altro? Certamente… ma come secondo passaggio, perché prima di tutto per ballare un tango bisogna fidarsi di sé, del proprio corpo e del proprio sentire. Bisogna avere equilibrio e la postura è semplicemente una metafora della nostra condizione interiore. Una relazione che si crea nel tempo di una tanda presuppone una notevole autonomia. Ballare per cercare un’intesa, costruire un dialogo, senza proiettare sull’altro i nostri desideri, le aspettative o i bisogni non è semplice, soprattutto quando ci concediamo un abbraccio stretto, in cui il contatto è intenso, ma non dobbiamo pesare sull’altro o prevaricarlo né esserne dipendente. Il tempo di una tanda è una relazione in cui si investe tantissimo sapendo che tutto finirà lì. È praticamente l’esemplificazione di un concetto filosofico di oraziana memoria, ma anche tanto più antico. Vivere l’eterno presente. Sapere che esiste solo l’attimo e coglierne la preziosità, le risorse.

Non dobbiamo infatti aver fretta. Ogni atto è fine a se stesso. Di ogni movenza si gode, perché dà un’emozione che basta. Il tango potrebbe cessare lì, esattamente alla conclusione di ogni movimento, e dovremmo per questo viverlo come se a seguire non esistesse nulla.  L’alta qualità di quello stare, di quel sentire, cercando equilibrio e armonia, diventa il presupposto fondamentale al pregio del passo che verrà dopo, poiché solo quando si comincia bene, la sequenza si costruisce con pulizia e si conclude con soddisfazione.

Questa ricerca ideale dell’intesa perfetta rende i tangueri  schiavi o liberi? Coraggiosi o pavidi? Trasgressivi o riflessivi? Generosi o egoisti? Come fatto sociale ballare tango non è solo piacere, ma anche una responsabilità e spesso non ce ne rendiamo conto, perché manca in noi la consapevolezza che l’intesa non è una condizione naturale, ma necessita di una educazione, di regole di buon comportamento e di condivisione. Ballare ci rende liberi o schiavi a seconda della nostra capacità proprio di saper gestire corpo e sentimenti e l’equilibrio nelle relazioni non è innato. Si conquista per il proprio e per l’altrui benessere.

Quel senso di fusione con l’altro che a volte viviamo con soddisfazione e con gratificazione, quando balliamo, diventa la chiave della felicità o la trappola che ci pone in una condizione di dipendenza. Infatti il desiderio di fusione, di perdersi nel partner, è adatto solo ad una condizione della nostra vita. Ai momenti di intimità, quelli in cui facciamo l’amore, consci che cadranno confini, perché ci lasciamo andare, abbandonandoci a noi stessi e al compagno. Un tango invece non è sessualità, non presuppone il concedersi completamente e il lasciarsi andare senza riserve. Richiede una presenza, la consapevolezza dei propri limiti e della propria individualità. La tensione – il pathos – è data proprio da uno spostamento continuo del baricentro fisico ed emotivo e che non deve trovarci impreparati .  Quando invece sentiamo che nella danza il bisogno dell’altro è totale non stiamo più ballando, dipendiamo, e la dipendenza esprime sempre un disagio.

L’elezione di anime che si scelgono è un concetto goethiano e romantico, che ci nutre l’intelletto e suggestiona i cuori, ma la quotidianità è fatta di contratti e di mediazioni. Ogni coppia, nel tango come nella vita, ha le sue leggi, uniche, originali, elette in maniera esplicita o silente dai suoi due componenti. Qualsiasi scelta dell’anima, anche la più profonda, nulla può contro le banali avversità di un corpo che non risponde, di un odore non gradito, di una pista affollata che ci mettono costantemente alla prova, ed, essendo noi fatti anche di materia, ci confrontiamo prima di tutto con quei limiti che imbrigliano l’anima e che spesso non ne assecondano le inclinazioni.

 

Ballare diventa bello e buono anche per questo, perché ci mette in difficoltà. Ci fa misurare con l’altro, schermo su cui proiettiamo il nostro sentire e le nostre vulnerabilità, e non è questione facile.

Qual è la risposta a tutto questo in termini  psicologici? Curare la propria autonomia, rendersi persone libere nel movimento come nel vivere. Pensare che il tango funziona se l’applicazione del principio di libertà riguarda prima di tutto la nostra capacità di gestirci e di darci delle regole. Il tango non può essere solo sentimento. Richiede concentrazione e volontà di crescere. Prevede un aspetto tecnico e la disciplina che ci consente di apprenderlo.  Il nostro essere da questo punto di vista esigenti con noi stessi ci offre l’opportunità di essere più disponibili, accoglienti e fluidi nel dialogo corporale che si instaura tra noi e la persona con cui abbiamo scelto di condividere la tanda. E che soddisfazione camminare con l’altro, quando siamo consapevoli di saper camminare da soli!

(dalla Rivista El Tanguero n°13 gennaio-marzo 2014  http://www.eltanguero.it/)

Commenti

  1. Andrea Orestano

    gennaio 30, 2014 at 1:30

    Zuleika… complimenti per l’articolo!!…. Non sò se balli il tango… io lo ballo da sette anni e condivido appieno quello che hai scritto… per me è proprio così… Brava!!…. ti abbraccio… Andrea

    • Zuleika Fusco

      gennaio 30, 2014 at 12:02

      carissimo Andrea, grazie per la tua accoglienza e per il tuo entusiasmo! 🙂 anche io ballo e sento il tango come una grande opportunità di guardarsi dentro, di crescere! lo consiglierei a tutti, perchè rivela molto di sé e insegna sulle relazioni! vienici a trovare in milonga a Pescara e buon tango

    • Giovanna

      febbraio 8, 2014 at 23:59

      Condivido pienamente ciò che è scritto…parola per parola….

      • Zuleika Fusco

        febbraio 9, 2014 at 10:00

        Grazie per il tuo gradimento, Giovanna. buonissima vita e buonissimo tango 🙂

  2. Paolo

    gennaio 30, 2014 at 15:26

    Non sembra cavalleresco lasciare in attesa di un ballo una dama…ma da tutto quello che esprimi è evidente che non è credibile ballare tango tanto per essere tangueramente social. L’evenienza di poter concentrare in una tanda quanto di spirituale ci anima,quanto di artistico e musicale ci suggerisce la musica,quanto di empatico ci trasporta sullo stesso respiro e sullo stesso battito, giuocoforza ci indirizza ad una scelta elettiva che ci permetta condivisione,complicità ,emozione.Giustamente sottolinei l’imprescindibilità dalla preparazione tecnica per un linguaggio corporale fluido e corretto…che possa canalizzare il messaggio interiore e coinvolgere il/la partner.

    • Zuleika Fusco

      gennaio 30, 2014 at 19:24

      caro Paolo, condivido che l’ispirazione di un tanguero e di una tanguera sia l’anelito a trovare un’affinità elettiva. quel pathos che ti fa vibrare dal profondo, creando un alone magico che avvolge la coppia e trasferisce anche la sensazione di armonia a chi guarda. ma, come nella vita, la ricerca è avvincente quanto la realizzazione. che ne dici? 🙂 ed è ricchissimo fare esperienza della diversità per trovare anche nell’accezione più sociale doni e risorse interessanti! grazie di cuore per il tuo contributo. bellissimo già che l’amore per il tango ci stia facendo confrontare così piacevolmente senza ancora aver cominciato una tanda 😉

      • Paolo Atzeni

        febbraio 1, 2014 at 1:08

        Dico…che la ricerca del vero abbraccio porta verso sconosciuti/e più di quanto non incuriosisca il completamento tecnico di vagheggiata coreografia . Se nel tango l’abbraccio è il pane… vien da sè che i companatici delle figure,degli abbigliamenti,dei cerimoniali da milonga….non riuscirebbero ad esaltare i loro sapori se non si accompagnassero ad esso : il pane ovvero l’abbraccio. Solo la coscienza di quanta generosità posso dare e ricevere in un abbraccio mi rivela quanta vita c’è nel tango. La tanda che ci manca è collocata nel tempo e nello spazio che non c’è bisogno di definire…prima o poi il tango fa regali apparentemente improbabili.

        • Zuleika Fusco

          febbraio 1, 2014 at 12:49

          carissimo Paolo, che bella la metafora del pane 🙂 bella perchè porta in sè il valore del nutrimento, che non solo deve esserci, ma deve essere buono, di qualità, per farci crescere. e che bello condividere il pane! qualcuno lo chiamò comunione 😉 e forse il tango non è una forma speciale di comunione? che ne pensi? grazie per le tue importanti riflessioni 🙂

  3. Stefania Sonzogni

    gennaio 30, 2014 at 15:45

    Il tango amici tangueri ha più di cento anni, ed immaginatevi quante persone hanno ballato ed abbracciato con le note in sottofondo di un tango! Stiamo semplicemente vivendolo, e a volte non sempre lo possiamo spiegare.
    Il mio augurio è che colui che porta le vesti di un messaggero del tango, capisca il ruolo importante che ha.
    L’insegnante delle scuole elementari ama il proprio alunno quasi come un figlio, ed insegna le basi di studio per poter scrivere e parlare correttamente, così ogni insegnante di tango, non deve dimenticare di avere una grande responsabilità per far amare il tango, con i suoi grandi valori che lo rappresenta.
    Sono davvero felice Zuleika che tu abbia avuto la fortuna di aver incontrato nel tuo cammino del tango sicuramente degli ottimi insegnamenti, i quali ti hanno aiutata a scrivere delle verità.
    Un abbraccio sincero
    Stefania Ballerina Professionista ed Insegnante (Bergamo)

    • Zuleika Fusco

      gennaio 30, 2014 at 19:17

      cara Stefania, che emozione sentirti parlare così del ruolo del maestro di tango! una persona che dovrebbe avere per esperienza di percorso la capacità di riconoscere e gestire le energie che animano il condominio interiore. io ho avuto il piacere di conoscere nel mio percorso insegnanti, belle anime, falsi maestri, UN maestro. tutti mi hanno lasciato qualcosa di fondamentale e mi hanno insegnato. al mio maestro, Carlos Ochoa, sono grata per i valori, per quella qualità che mi ha saputo trasmettere e che ancora mi riempie di entusiasmo e di volontà di proseguire… Grazie di cuore per la tua sensibilità! sono certa che ne faranno tesoro i tuoi allievi

      • carlo

        febbraio 10, 2014 at 18:37

        Troppi falsi maestri ammorbano il mondo del tango – gente che balla(?) da sei mesi si autoproclama maestro e rovina un sacco di allievi – e questo non va bene.

        • Zuleika Fusco

          febbraio 14, 2014 at 14:29

          grazie, Carlo! sono d’accordo con te. bisognerebbe avere rispetto per una professionalità e una cultura di vita che non si improvvisano e avere l’umiltà di darsi il tempo di imparare, di fare un percorso dell’anima per poter offrire agli altri qualità… noi però possiamo non assecondare e scegliere per il meglio, o comunque scegliere per chi risuona con i nostri valori. che ne spensi? buon tango

  4. Laura Perale

    gennaio 31, 2014 at 0:44

    Bellissimo articolo Zuleika .Complimenti! Vedro’ di condividerlo al massimo <3

    • Zuleika Fusco

      gennaio 31, 2014 at 9:50

      Grazie di cuore, Laura! sei gentilissima 🙂 buona vita e buon tango!

  5. Giancarlo

    gennaio 31, 2014 at 16:02

    Grazie per ciò che hai scritto…! Mi hai dato modo di riflettere su quello che sto vivendo .Il tango è entrato per caso nella mia vita e mi sta insegnando… Mi sta aiutando nel vedere altre “cose”

    • Zuleika Fusco

      febbraio 1, 2014 at 12:41

      caro Giancarlo, grazie per le tue parole! è il mio stesso sentire. nella vita infatti il lavoro interiore per crescere è un mio valore fondamentale è trovo che il tango sia uno strumento eccellente per migliorare la propria qualità personale e quella delle relazioni 🙂 buon tutto

  6. carmen bambara

    gennaio 31, 2014 at 23:32

    Ciao Zuleika , è la prima volta che leggo di te, grazie ad una mailing list alla quale sono iscritta , perché da qualche tempo ballo il tango ,o inizio a provarci….
    Sono sempre più sorpresa da come le parole che usi, siano la traduzione esatta di ciò che penso da tempo ,e da come per come vivo io il tango, rappresenti per me una forma di “tango terapia”.
    Affidarsi nell’ abbraccio equivale ad abbandonarsi all’ altro ,in modo totale ,lasciando lontani i pensieri della giornata trascorsa al lavoro…oppure chiudendo in uno scrigno i problemi che ci assillano… il tango può essere anche questo per me, la chiave che mi permette di aprire e chiudere la porta delle emozioni…
    il mio cammino di crescita è iniziato da tempo, il tango mi permette di continuare a stupirmi con continue sorprese, fatte di persone stupende come voi,, che la passione per questa ” arte” ,mi permette di conoscere…
    Dolce notte, Carmen

    • Zuleika Fusco

      febbraio 1, 2014 at 12:45

      le tue parole mi accarezzano, cara Carmen. anch’io come te penso che il tango ci legga dentro. per me è parte imprescindibile della mia crescita personale e per questo ho pensato tempo fa di utilizzarlo anche nel mio lavoro, essendo una professionista della relazione d’aiuto. l’aspetto che mi emoziona di più è la condivisione con tante anime, che coscientemente o intuitivamente si muovono verso una stessa meta. la ricerca di sè, l’autorealizzazione ^_^ Grazie e un abbraccio

  7. michele

    febbraio 5, 2014 at 0:04

    Complimenti per l’articolo,ma manca fondamentalmente per quanto mi riguarda l’aspetto musicale. Per quanto mi possa trovare bene a ballare con una persona, nel suo abbraccio, potremmo avere sentimenti diversi riguardo una tanda o un certo tipo di musica. Per questo alcuni codici tipo la mirata aiutano a scegliersi per avere da parte di tutti e due la voglia di ballare quella musica con l’altro. Magari solo una volta. E poi quel che viene lo dice l’abbraccio e la speranza che tutta la tanda sia bella e non solo il primo pezzo!

    • Zuleika Fusco

      febbraio 7, 2014 at 9:20

      Caro Michele, in effetti la musica è una componente fondamentale, perchè ci ispira rispetto al dialogo che creiamo col partner. ci detta movimenti e accenti. crea l’atmosfera e prepara il terreno e il tipo d’incontro. prima di tutto ci suggerisce con chi ballare… grazie per il tuo contributo. avremo modo di approfondire anche questo aspetto 😉

  8. annalisa6604

    febbraio 6, 2014 at 17:40

    Grazie, Zuleika, dell’articolo che ho letto e riletto con molto piacere, condiviso sulla mia pagina Facebook e inviato per mail ad amici tangueri, con la curiosità di sapere se le posizioni femminile/maschile si contrapponessero o fossero in sintonia.
    Qui ti lascio il mio commento critico (ma non certo per amor di critica) che ho condiviso anche con loro.
     
    Vorrei soffermarmi sulla tua frase “Ballare ci rende liberi o schiavi a seconda della nostra capacità di saper gestire corpo e sentimenti”.
    E’ indubbio che si balla in due ma le personalità che si confrontano sono sei (lo psicologo William James (1890), affermava già che, nella coppia danzante, “ogni qualvolta due persone si incontrano, ci sono in realtà sei persone presenti”), uno per come mi credo, uno per come vengo visto, uno per come sono.
    Quindi l’essere liberi o schiavi nel ballo non può dipendere solo dalla reciproca capacità di gestire corpo e sentimenti, in autonomia o dipendenza, ma soprattutto nella capacità di interagire con l’altro nell’abbraccio, unito all’interpretazione musicale, fondendo le reciproche emozioni e sensazioni.
    La dipendenza (ancora forse anche sinonimo di tango “viejo”) non può che portare al “non ballo”; il concedersi passivamente e completamente, senza consapevolezza della propria individualità, impedisce di recepire e interpretare le esperienze, le combinazioni musicali che ci vengono suggerite, soprattutto di condividere le emozioni..
    L’autonomia, seppur vista come capacità di gestirsi autonomamente e di valorizzare la propria individualità, d’altro canto, senza la capacità di interagire non è sufficiente per sconfinare la fisicità di un solo corpo e proiettarsi nel corpo dell’altro per formare una nuova entità: la coppia.
    Si perché elemento fondamentale del Tango Argentino è il concetto di coppia.
    Come dicevo in un vecchio articolo/lettera del 2008 (pubblicato nel 2010 nel Blog Stanzeallaria) “Dialogo sul tango” (meno introspettivo ma più legato alle sole dinamiche del ballo), in totale accordo con i coniugi Dinzel, (metodo Dinzel che poggia sulla dinamicità del movimento) per me la ricerca della “perfezione” nel Tango consiste dunque nel cercare di raggiungere il concetto di unità, di perseguire un’unica struttura dinamizzata; “quanto più i ballerini entrano in relazione tra loro, tanto più si perde la visione distinta di uno o dell’altra, che si fondono in un’unica relazione di coppia”.
    Quando lo sviluppo del gesto comincia ad essere il frutto di uno sforzo individuale, la coppia scompare e con essa anche l’emozione del tango.
    In conclusione non userei la dicotomia Dipendenza/Autonomia ma preferirei Dipendenza/Interazione, termini forse meno contrapposti nel loro significato, ma più adatti, secondo me, a contrapporre il rapporto di coppia tipicamente “tanguero”

    Grazie ancora
    .

    • Zuleika Fusco

      febbraio 7, 2014 at 9:23

      cara Annalisa, benvenuta e grazie per tutti i tuoi input che ho letto con estremo interesse. è proprio vero che questo tango che amiamo così tanto è potentissimo e non solo sulla pista da ballo, visto che ci rende così appassionati e partecipi anche in questo tipo di dialogo 🙂

  9. Raffaele

    febbraio 11, 2014 at 17:34

    E’ talmente vero ciò che hai scritto Zuleika che io che ballo il tango da più di un decennio, non mi azzardo ad andare in milonga se non sto bene con me stesso. Ci sono state delle volte che sono andato e non ho ballato, ma mi sono messo seduto in un angolo a farmi cullare dalla musica ed a guardare gli altri ballare, aspettando di sentirmi pronto per farlo anche io.
    Una tanda è un microcosmo di un metro quadrato che dividi con la partner, se non ti senti sereno, se sei stanco, se non stai bene, non puoi metterti in gioco in una cosa così intima.

  10. claudio

    aprile 7, 2014 at 15:10

    Salve, ho trovato l’articolo molto interessante. Ballo da più di dieci anni e trovò sempre più difficoltà ad andare in milonga. Non la trovo più un luogo interessante sotto vari aspetti. Quanto scritto secondo me è anche una critica al modo con cui oggi ci si approccia al tango, diventato un po’ troppo di moda. Ritaglierei molte frasi dell’articolo ma in particolare vorrei sottolineare questa:
    “Il tango non può essere solo sentimento. Richiede concentrazione e volontà di crescere. Prevede un aspetto tecnico e la disciplina che ci consente di apprenderlo.”
    Oggi la milonga è una Babele di linguaggi e ben pochi di questi hanno a che fare col tango

    complimenti

    • Zuleika Fusco

      aprile 7, 2014 at 18:31

      caro Claudio, ti ringrazio sentitamente per la tua condivisione. comprendo le tue emozioni, perchè le ho provate. io ho adottato questa strategia per la milonga. riportare l’attenzione su di me, sul mio percorso personale e sul miomodo di relazionarmi agli altri e ai loro linguaggi. in fondo, e il tango è metafora della vita, è normale che in milonga io incontri ogni genere di persona e di situazione. mi sono allora ribadita la possibilità della scelta. l’opportunità di conoscere tutti, ma poi di stabilire un contatto più approfondito anche nel ballo con chi sento vibrare alla mia stessa frequenza. allora rinasce il piacere della ricerca e dello scambio. che ne pensi? buon tango di cuore

    • Zuleika Fusco

      febbraio 24, 2016 at 12:17

      caro claudio, grazie davvero di averci regalato la tua attenzione e la tua testimonianza. importante saper guardare con un atteggiamento sanamente critico le situazione che ci appassionano e coinvolgono! magari, quando vuoi, raccontaci ancora la tua esperienza. dal canto mio raccoglierò i tuoi input per n prossimo articolo <3

  11. Andrea

    febbraio 23, 2016 at 14:57

    Bellissimo articolo, hai centrato il punto sul rispetto nella relazione! Complimenti

    • Zuleika Fusco

      febbraio 24, 2016 at 12:11

      grazie di cuore, andrea! continua a leggerci!

  12. Barbarina

    novembre 5, 2017 at 14:58

    Cara Zuleika,
    Il tango è terapeutico posso affermarlo come testimone.
    La musica e il ballo lo sono di per sé, ma nel tango si unisce la poesia ,il perdono ,la malinconia e la fiducia verso se stessi e verso l altro.
    Il tango ti costringe a capire che c è un inizio ed una fine e tutto scorre…. l attimo che crei è unico ed irripetibile.
    Senti l emozione che nasce dal cuore ,ma il corpo se ha ferite non risponde …. ecco però che come una carezza ,il tango nel suo abbraccio, disinfetta,lenisce e rinfresca.
    Le cicatrici non spariscono ma impari a portarle con orgoglio e lentamente riprendi a sorridere alla vita.

    • Zuleika Fusco

      gennaio 12, 2018 at 12:01

      cara barbarina, grazie per aver condiviso questa ricca testimonianza. condivido ogni tua parola! torna a scriverci!

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