Essere donna, essere uomo oggi. Fare di necessità virtù

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Dalle situazioni quotidiane ci balza facilmente agli occhi quanto siano forti i disagi di relazione tra universo maschile e universo femminile e come spesso nascano da una diffusa assuefazione a ragionare per differenze e per luoghi comuni. Tutti possiamo riscontrare facilmente che nelle chiacchiere di ogni giorno le donne vengono banalmente etichettate dagli uomini come deboli, lunatiche, pettegole, infide… e gli uomini definiti dalle donne superficiali, insensibili, immaturi, sfuggenti…

Eppure, dietro linguaggi diversi e forme espressive goffe, si celano molte volte analoghi bisogni. Nelle sedute di counseling che tengo mi sorprende sempre ascoltare quanto, dietro a sofferenze e incomprensioni, si celi negli uomini e nelle donne il medesimo desiderio di accudimento e di protezione. La difficoltà di comunicarlo all’altro può dipendere dalla paura, da una insufficiente conoscenza di sé, dalla disabitudine a leggersi dentro o dall’utilizzare mappe consuete e collettive, ma non adatte a noi.

Sarebbe invece interessante per tutti noi soffermare l’attenzione sugli obiettivi che accomunano i due sessi e considerare la diversità un valore, per poter ristabilire un patto d’alleanza.

Frequentemente sentiamo parlare del ruolo della donna nella società, della sua difficile condizione, del tribolato percorso per affermare il diritto a pari opportunità, mentre assai più raro è interrogarsi  sul come possa sentirsi l’uomo del nostro tempo, che vive continue novità e che si confronta con una compagna di vita  in costante trasformazione.

In 6000 anni di patriarcato, non è occorso parlare di ruoli, poiché attraverso l’educazione ricevuta in famiglia e in seno alla collettività lui sapeva benissimo cosa doveva e non poteva essere. Doveva essere razionale, forte, controllato… Non poteva esprimere la parte emozionale e vulnerabile.

Se l’apice della crisi del modello patriarcale può rintracciarsi nell’avvento del femminismo, è per me prematuro dire che il patriarcato è finito. Al di là delle leggi e delle lotte per l’uguaglianza dei diritti, infatti, non si estirpa un sistema plurimillenario in pochi anni, né si modifica in così breve tempo una mentalità tanto radicata.

La donna, per trovare adeguato posto e potersi realizzare in ambiti diversificati e ampi, si è trovata nella condizione di rafforzare in sé alcune caratteristiche tipicamente maschili che prima disprezzava, spesso esasperandole. Ci basti gettare un’occhiata alle protagoniste del mondo della cultura, della politica o della finanza per trovare un immediato riscontro di tale tendenza. Pur di farcela in contesti prima esclusivamente maschili, la donna ha vestito i panni dell’austerità, dell’autoritarismo, della razionalità tout court. Ha dimostrato all’uomo di esser più uomo di lui, ma ha pagato il prezzo di accantonare aspetti femminili numinosi, come l’emozionalità e la sensitività, l’intuito, la creatività, la capacità d’introspezione e di visione profonda, la consapevolezza del contatto misterico con i cicli della natura, e anche l’accoglienza.  È diventata il primo irreprensibile critico di se stessa. Pensando di acquistare potere, ha dimenticato la sua innata potenza.

L’uomo dal canto suo si è trovato di fronte sempre più spesso un’antagonista competitiva e agguerrita o comunque uno specchio che rimandava gli aspetti più difficili di sé stesso, spesso una persona arrabbiata, in generale in cerca di nuove risposte alle proprie esigenze interiori, civili, sociali. A volte. Ha perso, quindi, la sua interlocutrice di fiducia, colei che da sempre ha avuto il ruolo di raccogliere le sue confidenze, di sostenere, di contenere le sue fragilità senza porlo in imbarazzo o mettere in discussione la sua virilità, la guida alla parte più profonda di sé.

Perché è la donna che storicamente pone l’uomo a contatto con la sua interiorità, che gli racconta il mondo delle emozioni e lo invita a parlare di ‘quelle cose’ che tra uomini non si dicono. È lei che semplifica e favorisce la sua vita di relazione, ma soprattutto, è lei che riconduce nella sua vita l’Ispirazione e il Sogno.

L’uomo si è sentito privato di quel sottile legame preferenziale col principio femminile che Jung definiva Anima e che lei incarna.

Possiamo allora porci una domanda per comprendere cosa lui possa provare. Come ci sentiamo nella vita di tutti i giorni quando vengono a mancarci i punti fermi? Quando per qualche motivo la relazione con chi consideriamo più vicino si interrompe o entra in crisi?

In un paesaggio così mutevole e avendo perso la propria alleata, lui non può che provare paura.

Il primo compito che ognuno di noi, ma soprattutto, l’uomo di oggi può assegnarsi è il cominciare a leggere nella crisi un’opportunità di crescita e di trasformazione, un’occasione da non perdere per trovare un nuovo baricentro e una condizione di benessere. Invece di attendere che la vita ci ponga alle strette, possiamo scegliere di intraprendere volontariamente un percorso di auto-conoscenza, che ci porti a guardarci dentro per riappropriarci dei nostri desideri e dei sogni, dei gusti trascurati, delle emozioni implose, di una comunicazione serena che favorisca relazioni gratificanti

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