Viaggiare per cercarsi dentro

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Cari lettori, per me il senso più intimo del viaggio risiede nella possibilità di cercarsi dentro, di guardare quelle sfumature che sembrano colori netti nella vita di tutti i giorni. Lontano da condizionamenti abituali, dalle sovrastrutture e dalla paura di essere giudicati, gli occhi si spalancano al nuovo e il cuore di conseguenza. Indossiamo abiti più comodi, mangiamo cibi diversi, modifichiamo il bioritmo e già così ci sentiamo un po’ più liberi…

Viaggiare non è solo fare una vacanza, ma un modo di esplorare senza affidarsi a quei soliti punti di riferimento, che ci mettono in una zona di confort anche quando siamo lontani da casa. La vacanza in fondo è ritrovare casa altrove, ma non viaggiare.


Non a caso, quando siamo in giro per il mondo, tutto passa prima dal nostro intestino, dal nostro cervello più antico, che può essere considerato il mondo infero, dove si raccolgono i fantasmi, gli spettri di ciò che non abbiamo assimilato né ancora smaltito.

Viaggiare è come sognare a occhi aperti. Ci sembra di avere dinnanzi un’infinità di stimoli da contemplare e di cui riempirci e invece ci svuotiamo, trovandoci nudi al cospetto di noi stessi e nella necessità di fare un lavoro per adeguarci e accogliere, farci accogliere in punta di piedi dalla terra che ci ospita.

Non è preminente fare esperienze in paesi lontani. Possiamo procedere con gradualità, rispettando l’importanza di qualunque esplorazione, che in ogni caso ci porrà in contatto con dimensioni e culture diverse, ci aiuterà ad aprire la mente, ci favorirà nell’auto-osservazione, aiutandoci a comprendere i limiti personali e a trasformarli un po’.   In fondo i viaggi scandiscono i ritmi di rinnovamenti interiori… Ogni volta che partiamo, lasciamo che una zavorra resti a casa, e con un po’ di coraggio, ce ne libriamo definitivamente al ritorno, o , comunque la valutiamo da una prospettiva diversa. In fondo, spostarsi significa riacquisire una visione ampia. Riaprirci il ventaglio delle possibilità, quando vedevamo davanti a noi sempre un unico scenario. Viaggiare ha  anche questo merito. Relativizza ciò che sembra macroscopico nell’ambiente di sempre e ristabilisce la scala delle priorità. Nell’essere altrove infatti sentiamo la mancanza solo di ciò che è veramente importante e di chi amiamo autenticamente.

E volendo o no, ogni viaggio ci rende un po’ più autonomi, costringendoci a lavorare sui grandi temi della vita, come gli attaccamenti, le separazioni, l’adattamento, le relazioni e la comunicazione. Ed è proprio bella la sensazione di entrare timidi in un nuovo territorio per cominciare nei giorni a sentirlo sempre più familiare! Riscopriamo una inaspettata dimestichezza proprio nel fare ciò che non avremmo immaginato e conquistando atteggiamenti sempre più disinvolti!

Su questi presupposti mi nasce qualche anno fa l’idea della psicovacanza, un progetto ambizioso ma concreto, che realizzo da tempo grazie alla partecipazione di intrepidi e appassionati psiconauti. Una caccia al tesoro dell’anima, un viaggio di gruppo che, sui presupposti del counseling,  esplicitamente coniuga l’obiettivo del conoscere fuori per guardarsi dentro. Un lavoro interiore itinerante, che sfrutta il presupposto della condivisione e del rispecchiamento tra persone disposte a mettersi profondamente in gioco…

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