Parigi, gli attentati e gli sciacalli della notizia

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Sì, durante la retata nella banlieue di Saint-Denis a Parigi, lo scorso 18 novembre, è stato ucciso un cane dei Raid-Recherche assistance intervention dissuasion, le “Teste di cuoio” francesi”. Ma, no, il cane che è nelle foto pubblicate su molti siti di “informazione” – da quelli dai quali certe cose non bisognerebbe nemmeno aspettarsele a quelli solo “acchiappaclick” – non è lui. Nel senso che non è Diesel (il pastore belga ucciso, appunto).

Quindi la foto non è corretta e una didascalia ad esempio come questa, è falsa: “Diesel, il pastore belga ucciso nel raid di Saint Denis”. La foto è presa dal profilo Twitter della Police Nationale che l’ha pubblicata scrivendo belle cose sui “chiens d’assaut et de recherche d’explosifs“: ecco, condividerla è bello, lo è meno che la si faccia passare per essere proprio il “Diesel” in questione. Perché non è “giornalisticamente” corretto.

Ecco, la storia di Diesel non è l’unica di pessimo giornalismo del quale si è dato esempio nei giorni degli attentati di Parigi. Superficialità, pochissima se non nulla ricerca delle fonti, condivisione immediata di foto e video che risulteranno poi falsi (con elementi che avrebbero dovuto far dubitare già da subito, peraltro).

Oltre alla scelta di pubblicare la foto dell’interno del teatro Bataclan: “Non ha niente di giornalistico. È un orrore che potevate risparmiare ai vostri lettori, una assoluta, indegna mancanza di rispetto per i sopravvissuti, per le vittime e per i loro familiari che ora dovranno vivere il resto della loro vita nel dolore di averli persi” come ha scritto Arianna Ciccone, co-fondatrice e direttrice dell’International Journalism Festival e fondatrice del blog collettivo Valigia Blu.

Poi, per dirne qualcuna. L’immagine della Torre Torre Eiffel che diventa il “simbolo della pace” non è di Bansky, la persona con il Corano in mano e il giubbetto esplosivo non è un attentatore di Parigi, ma Veerender Jubbal.. un critico di videogiochi: la foto è ritoccata e quello che è il Corano in realtà è l’Ipad con il quale scatta un selfie (e peraltro indossa un copricapo Sikh… ma qui è già chiedere troppo).

Ancora: le foto delle bombe francesi in Siria con la scritta “From Paris With Love” sono una bufala e la foto dell’Empire State Building di New York con i colori della bandiera francese è falsa e, ancora, la notte degli attentati non è stato appiccato nessun incendio nel campo dei migranti a Calais (c’è stato un incendio accidentale, sì).

Poi: “Perché dopo Parigi è circolata una notizia sul Kenya vecchia di sette mesi”. Ora, a parte l’”indignazione selettiva” – come si legge in questo articolo rilanciato da Internazionale – è evidente la scarsa attenzione del click selvaggio: sì, sono morti 147 studenti in Kenya per mano di Al Shabaab, ma il 2 aprile scorso.

La colpa è dei siti che hanno rilanciato la notizia, passandola come contemporanea agli attentati di Parigi… ma non di meno di chi ha abboccato: sarà apparsa pure sulle vostre bacheche di Facebook, con magari qualche commento di indignazione tipo “mentre cambiate la foto dell’immagine con la bandiera della Francia in Kenya stanno massacrando…”.

E’ così anche per molte foto dei bombardamenti a Raqqa, presentate come appunto relative a questi giorni e di quella località: “Circolano molto sui social network in questi giorni, ma sono vecchie immagini presentate in modo truffaldino” come ha scritto Il Post.

Torno a Valigia Blu e condivido l’appello su Facebook: “Facciamoci un favore: contribuiamo a evitare la disinformazione sui social”. Il consiglio è, ad esempio, verificare l’origine di un’immagine su Google immagini.

Ah, un’altra cosa ancora: Bob Dylan non ha chiesto nessuna vigilanza armata all’interno del Teatro auditorium Manzoni di Bologna per gli i concerti del 18 e 19 novembre scorsi (ma io la notizia l’ho sentita in radio, ad esempio… e l’ho letta un po’ dappertutto). Come ha scritto il giornalista Luca Sofri su Twitter: “Ormai escono Notizie che non lo erano dalle fottute pareti”. Citando il comunicato dello stesso Teatro: “Nessuna richiesta specifica, contrariamente a quanto apparso sugli organi di stampa in questi giorni, è stata fatta dall’Artista”.

Poi c’è un’altra cosa ancora, che supera anche la condivisione delle notizie false: chi apre pagine Facebook con il nome della ragazza italiana morta nel Bataclan. Avrei delle paroline, ma evito. Per chi le apre… ma per chi clicca “Mi piace” ancora di più. “Piantarla potrebbe essere una buona idea” come ha scritto Massimo Mantellini sempre su Twitter.

Di altra cosa e altra cosa ancora, potremmo andare avanti per molto. Senza prima “ricordare” il giornalista spagnolo che ha confuso il logo dell’Alleanza Ribelle di Star Wars con quello di al-Qaeda. Sì, Star Wars.

Per chiudere “alla grande” ci sono La bufala del messaggio Whatsapp sulla bomba nella metro di Roma e La bufala della terrorista nella vasca da bagno.

Con vivo consiglio di approfondimento qui, smontate una per una ci sono “Le foto false sugli attentati di Parigi”.  E con ulteriore vivo consiglio di lettura: “Due modi di trattare le bufale, e una scelta da fare”.

Insomma, è tempo di “ecologia dell’informazione” come scrive sempre Valigia Blu: “Non dobbiamo stare in attesa dei rumor: dobbiamo cercarli, e dare risposte precise, cercando al contempo di non alimentarne la diffusione, ma di rispondere alla cosa“. Il super articolo è questo: “La disinformazione sui social e la credibilità dei media“.

(Nella foto: l’immagine pubblicata dalla Police Nationale che ricorda i cani delle forze speciali francesi).

PS: si parlava con un amico e collega di queste cose l’altra sera. Dunque, ho iniziato a scrivere su un quotidiano locale nel 1994 (oramai un bel po’ di tempo fa insomma). Abbiamo convenuto che se avessi scritto una sola delle baggianate analizzate qui, se avessi proposto una sola foto senza portare, garantire, la fonte, mi avrebbero preso a calci nel sedere. Fate voi.

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